Atri vanta un’ampia rete ipogea che segmenta tutto il territorio e che si caratterizza per la gran parte con le ampie e numerose strutture sotterranee della Città di Atri. Possiamo configurare i due poli base della Atri sotterranea: una parte alta con il Palazzo Acquaviva e una parte bassa, zona Cattedrale, inoltre l’asse viario di collegamento intitolato all’imperatore Elio Adriano la cui famiglia era originaria di Hatria, oltre che presentare un percorso di base e fungere da vero e proprio elemento funzionale si proponeva come cardo in una organizzazione viaria organizzata sull’ortogonalità, tipicamente romana e, al di sotto di esso passava il collettore sotterraneo di adduzione delle acque ai due complessi idrici. Il difficile contesto geo-morfologico fu accuratamente studiato allo scopo di ottenere la massima estensione possibile per lo spazio. Il suo tracciato risaliva il colle con pendenza leggermente più dolce dell’attuale, infilandosi in un articolato sistema di terrazze che azzeravano il pendio in progressione. Le grandi cisterne sono posizionate in posizioni sommitali e punti strategici della città, quella di Palazzo Acquaviva, quella insistente nei sotterranei dell’albergo San Francesco, quelle del chiostro della Cattedrale, di Palazzo Cicada fino a quella di Capo d’Atri, erano utilizzate come centri di raccolta delle acque piovane che dalle principali piazze, vaste superfici di raccolta, confluivano in inghiottitoi e le riempivano. Dalle cisterne, l’acqua, mediante bocche di sfioro, andava ad alimentare, attraverso piccole canalizzazioni sotterranee, i pozzi dei privati e le fontane del circondario. Nel Palazzo Ducale, invece, troviamo un’opera cementizia (60×15 m ca.), ha nove camere absidate per la controspinta al terreno, coperte da volte a botte e con pareti intonacate in opus signinum, un intonaco che ha la capacità di fare presa anche in ambienti non a contatto con l’aria, dunque induriva anche in acqua e serviva ad impermeabilizzare gli ambienti. Il tessuto murario e altri elementi individuano l’età imperiale per il manufatto nella sua forma definitiva. Occupa, in posizione quasi centrale e sotterranea, la seconda terrazza di Atri.
Questa struttura è più antica e risale al IV a.c. All’origine era una cisterna pubblica costruita sfruttando le mura di un tempio pagano dedicato ad Ercole; in seguito fu usata vasca limaria per raccogliere le acque reflue provenienti dall’edificio che vi si costruirono proprio al di sopra di essa in età imperiale. Le volte della cisterna in questo periodo furono piastrellate per isolare dall’umidità e per non danneggiare la struttura soprastante decorata a mosaico che attualmente affiora nel pavimento della Cattedrale. Al di sotto delle volte a crociera a doppia fodera in mattoni quadrati, c’è un nucleo cementizio, secondo una tecnica costruttiva utilizzata già nelle terme di Caracalla. La cisterna coincide con il soprastante impianto di età imperiale, identificato inizialmente come impianto termale, i recenti scavi condotti dalla SBAA hanno proposto un’altra interpretazione come macecellum, forum piscarium. Poiché essi non hanno rivelato dislivelli delle relative vasche d’acque calda..fredda.. tutto si svolge su un unico livello intorno ad una vasca esagonale ricoperta da intonaco idraulico che trova confronti con i macellum di Sepinum Molise, ossia un tipo di pianificazione spaziale organizzata intorno a vasca, che risultava favorevole a piccoli mercati poiché permetteva l’ottimizzazione dello spazio. Al culmine di questa rete idrica cittadina vi sono Le Grotte, al termine e in posizione marginale rispetto al nucleo urbano. I cordoli idraulici, l’intonaco per l’impermeabilizzazione delle pareti, i segni di chiuse, (per gestire il flusso), la sua collocazione a margine della città così come le grotte sotto la Villa Comunale, fanno presupporre a scarichi d’acqua. Esse discendono rispettivamente lungo i due pendi: il fosso del Gallo e la parte est della città, entrambe a precipizio e in concordanza con dei vuoti naturali. Probabilmente sin dai tempi più antichi son serviti allo scolo delle acque dalla città al piano. Spostandoci leggermente risetto all’asse urbano rinveniamo la presenza di fontane al un altezza che si aggira sempre tra i 300 e i 400 m. s.l.m., i così detti Acquedotti ipogei. La particolare posizione del territorio rendeva difficile l’approvvigionamento idrico per via della lontananza da fiumi e sorgenti naturali, da questa situazione nacque una soluzione ingegnosa quanto ottimale, dettata dalla natura stessa del terreno. I conglomerati di tetto – lo strato di sabbia e ghiaia – a causa la loro notevole permeabilità fungono da elementi filtranti, sono facilmente attraversati dall’acqua, sotto di esso abbiamo lo strato compatto di argilla impermeabile che non permette all’acqua di oltrepassarlo per cui l’acqua si imbatte in questo strato di argilla e rimane nello strato soprastante che diventa una sorta di spugna, da qui l’acqua viene captata e convogliata attraverso sistemi idraulici sotterranei che, sfruttando la natura geologica del terreno e l’inclinazione dei cunicoli, permettono il deflusso delle acque in punti di raccolta, coincidenti con fontane o altre strutture che hanno favorito la nascita e lo sviluppo di una fiorente e popolosa civitas in un territorio lontano da corsi d’acqua e in posizione elevata. L’abbondanza di acqua nel sottosuolo è quindi direttamente correlata alla successione sedimentaria locale. Tale caratteristica ha indotto le genti che occupavano in epoca preromana il territorio atriano a escogitare stratagemmi che sfruttassero tale prerogativa. Sono stati realizzati nel sottosuolo dei principali colli, e in maniera ortogonale rispetto all’asse principale dei colli. Secondo la georeferenziazione delle fontane presenti sul territorio di Atri si può notare che le altimetrie si aggirano intorno ai 300 e 400 m. s.l.m. Questo sistema fu costruito su scala tale da rivaleggiare con i grandi acquedotti dell’Impero Romano, ma mentre gli acquedotti dell’Impero rappresentano oggi solamente una curiosità storica, il sistema iraniano è ancora in uso dopo 3000 anni. Le fontane di Atri sono perenni, poiché sfruttano il ciclo delle acque piovane, sono potabili, perché filtrate ed arricchite di sali dal terreno. Il sistema, che gli storici identificano come similari ai kanat persiani, risale a 3.000 anni fa, si presenta relativamente semplice e geniale, unitamente alla eccellente resa, che è senza dubbio il motivo del successo tecnico e della successiva espansione dall’originaria cultura assira a quelle del bacino Mediterraneo. Rispetto agli altri sistemi ipogei restano invariate caratteristiche come altezza (quasi sempre oscillante tra m. 1,50 e i 2 m. e la larghezza dai 50 agli 80 cm) e la presenza di pozzi di aereazione avente il duplice scopo di areare la galleria e permettere l’estrazione del materiale durante la costruzione. Sono fattori variabili invece, il materiale costruttivo per pareti e fondo, perchè questo dipende dalla natura del terreno. La costruzione di questi sistemi richiede un impegno iniziale notevole nell’individuare una zona di falda acquifera e nell’escavazione delle gallerie, di fatti, fatto questo, spesso si ricorreva a più diramazioni per far raggiungere a tutto l’impianto il massimo rendimento di captazione e una costante e regolare portata.