L’A.M.P. Torre del Cerrano è istituita con decreto del Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare del 21-10-2009.
Si estende fino a 3 miglia nautiche dalla costa e si sviluppa per 7 km dei quali 2,5 km di duna sabbiosa lungo la riva, dalla foce del torrente Calvano, che attraversa l’abitato di Pineto, fino al centro di Silvi, alla corrispondenza a mare della stazione ferroviaria. La superficie dell’A.M.P. è di circa 37 km quadrati e ricomprende una ristretta zona B, un quadrato di circa un km di lato di fronte a Torre Cerrano, una zona C di 14 km quadrati, che si sviluppa per l’intera estensione del fronte mare fino a circa 2 km dalla costa e un’ampia zona D, di forma trapezoidale, di circa 22 km quadrati fino al limite delle tre miglia. Simbolo di questo territorio e dell’intera Area Marina è la Torre di Cerrano. La Torre, è una delle antiche torri costiere del Regno di Napoli, si trova sulla costa dell’Adriatico, in provincia di Teramo, tra Silvi e Pineto. È uno pochi esempi rimasti integri della fitta rete di fortificazioni costiere del Regno di Napoli, che avevano la funzione di respingere i frequenti attacchi di turchi e saraceni provenienti dal mare. Torre Cerrano, la cui costruzione risale al 1568, deve il suo nome all’omonimo torrente, che scende dai colli di Atri e la cui foce é situata 500 metri a sud della torre, nel comune di Silvi. Le parti alte e laterali della Torre sono un’aggiunta più recente, realizzate nel secolo scorso dalle famiglie che la utilizzarono prima che la torre diventasse patrimonio della Provincia di Teramo nel 1981. Secondo gli storici Strabone e Sorricchio i resti archeologici antistanti alla torre sarebbero quelli del porto dell’antica colonia romana di Hatria, l’odierna Atri, meta di scalo di navi cariche di cereali provenienti dalla Puglia e dalla Sicilia e luogo di carico per i vini locali diretti in Grecia e verso Aquileia nel nord del mare Hatriaticum. Oggi la Torre, affidata in comodato al Consorzio di Gestione dell’Area Marina Protetta Torre del Cerrano e all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale Abruzzo e Molise, ospita il Centro Internazionale di Formazione Veterinaria oltre alla Biblioteca e al Museo del Mare in allestimento con l’Info-point dell’Area Marina Protetta. La presenza di una torre precedente l’attuale, si fa risalire alla fine del ‘200, durante il regno di Carlo II d’Angiò, ove appare per la prima volta una “vecchia torre” in Penna Cerrani, la cui ricostruzione con una disposizione del 1287, reiterata nel 1293 e 1294, viene posta a carico anche degli abitanti di Silvi e Montepagano (antico nucleo della futura Roseto – mons-montispagus significa villaggio sul monte), che avrebbero poi tratto beneficio dalla possibilità di ricoverare le navi e di commerciare; analoghi ordini furono emessi nel 1310 e nel 1352. L’attuale costruzione è successiva, facente parte del sistema di fortificazioni litoranee a difesa del Regno di Napoli dall’incursione di Turchi e Saraceni. Inizialmente furono gli Angioini a pensare ad un sistema permanente e completo di torri di difesa e di segnalazione in vista l’un dall’altra, attraverso segnali di fumo e fuochi, ma tale sistema fu realizzato solo in minima parte, anche a causa dei continui cambiamenti politici, passando infine sotto il controllo dei feudatari e delle famiglie che intendevano proteggere i propri territori. Nel XV secolo cresceva la potenza turca, essi occuparono Costantinopoli (oggi Istanbul) con una politica marinara che aveva lo scopo di neutralizzare i Veneziani. Conquistarono quindi l’Albania e da lì assalirono Otranto con lo scopo di controllare l’Adriatico e avere quindi una base d’attacco per invadere l’Italia. Le minacce si fanno particolarmente intense quando, nell’estate del 1556, furono risparmiate all’Abruzzo terribili devastazioni, grazie alle difese ed al sistema di punti d’avvistamento del Duca d’Atri Giovan Girolamo D’Acquaviva. Con l’avvento del governo spagnolo al Regno di Napoli (1501), l’idea di un sistema permanente e continuo era stato ripreso. Nel 1532 il Viceré don Pedro di Toledo (1513-1559) emanò un’ordinanza con la quale si obbligavano i privati ad erigere le torri, tuttavia l’ordine non fu seguito. Nel 1563 fu emanato un nuovo editto e si cominciò ad attuare l’antico programma della costruzione della catena di torri marittime. Il sistema delle torri d’avvistamento avrebbero avuto il compito di allertare tempestivamente le città vicine dell’imminente pericolo ma, essendo dotate di guarnigione e colubrine, anche di respingere tali incursioni. Nel 1568 Alfonso Salazar, commissario del presidente della Regia Camera di Summaria (organo amministrativo, giurisdizionale e consultivo dell’antico regime aragonese operante nel Regno di Napoli), dopo aver effettuato un sopralluogo insieme all’ingengner Scala, dispose la costruzione di quattordici torri in Abruzzo: Tronto, Vibrata, Salinello, Tordino, Vomano, Chirano, Fossacesia, Senella e le sei del 1563; i lavori furono portati a termine entro il 1569. Buona parte delle torri abruzzesi fu costruita da Vincenzo Tavoldi, un bergamasco che con il fratello si stava occupando delle fortificazioni di Pescara e Civitella, e che il primo aprile 1568 si aggiudicò l’appalto per otto di tali torri, impegnandosi a finirle entro diciotto mesi. Per molto tempo la Torre di Cerrano rimase un baluardo per il presidio e la difesa della costa e all’inizio del XVIII secolo entrò a far parte dei possedimenti degli Scorrano, Marchesi di Cermignano. Con la fine delle scorrerie da mare, il torrione fu acquistato agli inizi del ‘900 da Pasquale Filiani, ufficiale di marina, che lo rese abitabile e ne curò la ristrutturazione con scrupoloso rispetto dello stile originario, aggiungendo alla costruzione la torretta terminale. Negli anni venti ne divenne proprietario il marchese De Sterlich, eccentrico esponente della nobiltà locale che, nel 1935 fece ampliare la Torre con l’aggiunta (sui lati sud ed est) di un’ala a forma di “L” comprendente un seminterrato ed i piani terra, primo e secondo. Più rispettoso dello stile è stato l’ultimo proprietario, l’ingegner Tito Marucci, che ne ha curato particolarmente la buona conservazione. Nel dicembre 1981 la Torre è stata acquistata dall’Amministrazione Provinciale di Teramo, e dopo aver provveduto al consolidamento, ha affidato la struttura (21 maggio 1993) all’ Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Teramo per la realizzazione di un Centro Ricerche e Studi di biologia.
La struttura
Le Istituzioni vicereali dettavano condizioni ben precise sulle tecniche costruttive che ogni torre doveva seguire. L’altezza si aggirava intorno ai 12 metri, il lato di base esterno 10-12 metri e il lato interno 5 metri. Le strutture presentano una connotazione volumetrica tronco-piramidale con muratura a scarpa che gli permetteva maggiore stabilità e resistenza a sopportare pesanti artiglierie, facilitando l’azione delle caditoie. La distribuzione interna degli spazi era molto semplice, su due livelli e copertura chiamata “piazza d’armi”. In quest’ultima si posizionavano le armi per la difesa, catapulta e cannoni, e su di essa si succedevano i turni di guardia e si ricevevano e trasmettevano i segnali. Il primo livello era per lo più un deposito riserve di cibi, bevande e munizioni, nel secondo livello soggiornava il guardiano della torre. La Torre era coronata per l’intero perimetro da caditoie (nota anche con il termine piombatoia, ad indicare una apertura disposta in successione lungo il cammino di ronda della costruzione difensiva), inclinate dell’8%, per mezzo della quale era possibile rovesciare sul nemico oramai prossimo alle mura, ogni tipo di proiettile o di oggetto contundente, liquidi infiammabili o bollenti, materiali solidi come laterizi o pietre. Il numero di caditoie era variabile da tre a cinque, intervallate da uno spazio sufficiente ad ospitare un’archibugiera, feritoia nelle mura attraverso la quale sparavano gli archibugieri, soldati di fanteria armati di archibugio, l’antica arma da fuoco che permetteva maggiore precisione nel tiro. Per ragioni di difesa il vano d’ingresso era di piccole dimensioni, collocato nella parete rivolta verso terra. Le scale monumentali che oggi concedono l’accesso a queste imponenti costruzioni, sono di epoca successiva. L’accesso alla torre infatti, avveniva per mezzo di scale realizzate in legno o in corda che venivano calate e ritirate a seconda delle esigenze. La torre per ordini severissimi non poteva essere abbandonata in nessun caso. La funzione sostanzialmente richiesta, era quella di un piccolo presidio composto mediamente di tre uomini fra cui un castellano, un fuochista e un cavaliere a cavallo pronto a partire e diffondere l’allarme nelle campagna e città per l’evacuazione. La celebre Torre del Cerrano rispecchia a pieno questa tipologia delle torri costiere del Viceregno, la costruzione è formata da un massiccio torrione a base quadrata in laterizio, alla base il lato esterno è di 12,60 metri mentre quello interno di 5,80 metri. Le mura hanno spessore decrescente e inclinate a piramide, ciascuna è coronata da quattro robusti beccatelli e tre caditoie sormontate da sei merli di fattura guelfa. L’altezza è di 12,60 metri esclusi i 90 centimetri dei merli. Molto simile ad essa è la “gemella” Torre del Salinello. L’attuale Torre Di Cerrano fa parte di un sistema difensivo e di avvistamento voluto agli inizi del XVI Secolo dal regime aragonese del Regno Di Napoli ed espresso tramite ordinanza emanata nel 1532 dal Vicerè Don Pedro de Toledo. La necessità della realizzazione di tale sistema difensivo nasceva dalle sempre più frequenti e devastanti incursioni dei pirati turchi e saraceni. L’effettiva costruzione di queste torri, però, iniziò solo nel 1563 quando il commissario della Regia Camera Di Summaria (organo del governo aragonese), Alfonso Salazar, in seguito a un sopralluogo, dispose la costruzione di 19 Torri nell’odierno territorio abruzzese; più specificatamente 8 torri nell’Abruzzo Ultra (o Ulteriore – a nord del fiume Pescara) e 11 torri nell’Abruzzo Citra (o Citeriore – a sud del fiume Pescara). I lavori di costruzione furono portati a termine entro il 1569. L’edificio originale del XVI secolo, però, non aveva la forma che oggi conosciamo; la Torre di Cerrano, infatti, come tutte le altre, constava di un unico corpo a pianta centrale di base quadrata, edificato in laterizio e costituente il torrione. Il corpo originale, che oggi è il nucleo del complesso, ha il lato esterno misurante 12,80 metri e quello interno 5,80 metri, con mura a spessore decrescente, inclinate a piramide; ne risulta un corpo a forma tronco-piramidale, sormontate da 4 beccatelli e 3 caditoie; il tutto sovrastato da merli di fattura guelfa. La Torre era alta 12,60 metri, esclusi i 90 centimetri dei merli. La Torre di Cerrano mantenne la sua forma originale e le sue funzioni per tutto il XVI E il XVII secolo. Agli inizi del XVIII secolo divenne proprietà dei marchesi di Cermignano, i “di Scorrano”, che continuarono ad usarla come torre di guardia e di difesa del confine orientale del marchesato, mentre il confine interno era difeso dalla torre di Montegualtieri, dalla peculiare e unica base a pianta triangolare, anch’essa ancora intatta. Le Prime modifiche apportate alla struttura della Torre risalgono agli inizi del ‘900, quando venne acquistata dall’ufficiale di Marina, Pasquale Filiani che, nel 1915 La fece restaurare e rendere abitabile; il progetto venne curato dall’Ing. Vincenzo Rosati, che fece aggiungere la parte superiore: un parallelepipedo che prolunga l’originaria canna muraria verticale, mantenendone intatta l’ampiezza, e che si conclude con una terrazza che ripropone nel coronamento il motivo originario a merli guelfi. Vennero Eseguiti lavori anche all’interno, abbassando con soffitti piatti la probabile volta a botte (conservatasi nella gemella Torre del Salinello) e ricavando scale, disimpegni e piccoli vani nello spessore dei muri e aprendo finestre a oblò subito sotto i merli originali. L’originario 1° Piano venne suddiviso in due vani sovrapposti che costituivano quindi il 2° E il 3° piano; vennero inoltre costruiti il corridoio del 3° Piano (anch’esso Ricavato nello spessore murario) e la scala tra i due piani. Negli anni Venti La proprietà della Torre Passò all’eccentrico Marchese Diego De Sterlich, che apportò ulteriori modifiche, facendo edificare un’ala a L, addossata ai lati sud ed est della Torre; l’aggiunta architettonica era suddivisa in un seminterrato, in un piano terra e in un primo e secondo piano. Nella stessa occasione venne inserita la pavimentazione in cotto e in parquet, ancora conservata. Tutti gli interventi succedutisi nel corso del tempo non hanno comunque intaccato l’originaria forma della Torre viceregnale, ancora perfettamente leggibile; l’apparenta stato di omogeneità è dato dall’uso di materiali edilizi molto simili agli originali. Alla fine degli anni Quaranta La Torre Di Cerrano venne acquistata dalla famiglia Marcucci, per poi passare, nel 1981, all’Amministrazione Provinciale di Teramo che, dopo aver provveduto alla ristrutturazione e al consolidamento dell’edificio, nel 1983 vi istituì un Centro di Ricerche e Studi affidato all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale Di Teramo, tutt’ora in loco. La Torre è anche sede legale dell’Area Marina Protetta Torre Del Cerrano Istituita nel 2010, che ha reso l’edificio il simbolo dell’impegno nella salvaguardia dell’ambiente e nella sensibilizzazione verso le tematiche ambientali.
Il Museo del Mare
Il Museo si sviluppa prevalentemente sugli ultimi tre livelli della Torre di Cerrano con ingresso dal piano terra, dove si trovano Caffè Letterario, Bookshop e punto informazioni. Da lì sale in verticale lungo le scale, immaginando di percorrere l’ecosistema dell’Adriatico dal sottosuolo del fondale salendo lungo i reperti archeologici interrati, fino ad uscire sulla superficie del fondale e risalendo lungo la colonna d’acqua fino ad uscire in superficie, seguendo lungo le scale questo percorso verticale dal basso verso l’alto. Il visitatore è introdotto nell’ambiente marino dell’Adriatico partendo dai suoi aspetti geologici e geomorfologici immedesimandosi in una risalita che parte dal sottosuolo dei fondali e si sviluppa salendo le scale della torre. Il percorso parte dal fondale con la testimonianza e la descrizione dell’antico porto di epoca romana ormai quasi interamente insabbiato nelle aree antistanti la torre, fino a risalire alla superficie del fondale marino. L’ecosistema di fondale sabbioso ha una particolare importanza per l’AMP Torre del Cerrano ed occupa pertanto interamente la saletta riunioni del secondo piano che ha le pareti interamente allestite con le bacheche del museo. Dalla sala riunioni inizia poi lungo la scala a chiocciola la risalita immaginaria della colonna d’acqua, fino ad arrivare con l’uscita in sommità sul balconcino della torre, che coincide con l’emersione dal mare.
Il Giardino di Torre Cerrano
Tutt’intorno a Torre Cerrano un meraviglioso giardino con la tipica vegetazione della macchia mediterranea, aperto tutti i giorni da mattina a sera nel periodo estivo, consente il transito di pedoni e ciclisti lungo la ciclabile adriatica che in questo punto collega Pineto a Silvi. Il giardino ospita esemplari di pini monumentali e piante particolarmente importanti per il loro utilizzo o per la rarità, come lo Spina cristi, pianta utilizzata spesso per proteggere l’esterno delle fortificazioni in epoca medievale, o il Giglio di mare che fiorisce rigoglioso ogni estate nella zona più a contatto con la duna sabbiosa.
L’Antico Porto sommerso di Atri
Proprio di fronte alla Torre di Cerrano, immerso fra le acque, si trova quello che da più di un ricercatore viene indicato come l’antico porto della città di Hadria, probabilmente di epoca romana. L’esistenza a Cerrano del porto di Atri dall’antico Medioevo, viene menzionata per la prima volta in uno scritto del Sorricchio, il quale ipotizzava che il culmine dell’attività di un porto in zona era intorno al VII secolo avanti Cristo. Anche il geografo augusteo Strabone, nei suoi scritti cita l’esistenza, in età romana, di un porto connesso con Atri presso la foce del fiume Matrinus (per alcuni possibile nome antico del torrente Cerrano).
La presenza di un antico porto nelle acque antistanti la Torre di Cerrano è documentata ampiamente dalle fonti storiche, a partire dal geografo greco Strabone (63a.c.-19d.c.) che ci parla di un porto commerciale presso la foce del fiume Matrino, corso d’acqua discendente dall’antica città di Hatria, identificandolo come un epìneion dotato quindi di strutture per lo stoccaggio delle merci, immagazzinamento e altre strutture funzionali al servizio di una città che ne distava alcune miglia. Ancora Plinio (I secolo d.c.) ci parla dell’importanza del vino di Atri trasportato in anfore di produzione locale verso l’Oriente, Grecia e Egitto, senza tralasciare la direttrice Aquileia – regioni danubiane. Il comprensorio di Cerrano si presenta ricco di reperti archeologici, dalla fornace, tombe, anfore e mosaici, rinvenute in località Colle Stella, Castellucio e Colle Cretone nei pressi della Torre omonima. Il porto in età romana aveva una posizione strategica essendo collocato in prossimità della via Cecilia, una diramazione della Salaria che collegava Roma con l’Adriatico passando per Amiternum (Aquila) e Hadria (Atri), da qui non conosciamo il nome odierno del torrente che porta alla foce e al mare. Tra i sostenitori che interpretano il fiume Matrinum con il Cerrano vi è la consapevolezza della distanza breve del torrente che collega la città al mare con 4 km, rispetto ad altri che per arrivare al mare devono attraversare colline, calanchi e fossati per una distanza di tre – quattro volte maggiore. Ancora oggi l’esatta localizzazione del corso fluviale Matrino è oggetto di dibattito, identificato talvolta con il Vomano, con il Piomba o con il Saline; difficile stabilire con sicurezza l’ubicazione del porto e della foce, essendo il litorale abruzzese soggetto a continui spostamenti della linea di costa e relativi interramenti delle foci che tendono a spostarsi verso il meridione. Tuttavia le numerose e successive fonti medievali rilasciano un’indicazione topografica molto precisa, si parla di portum in Pinna Cerrani, confortando l’ipotesi che in questo luogo sorgesse dapprima il porto romano sfruttato poi nel medioevo con l’aggiunta di edifici quali Ospedale e una prima Torre d’avvistamento. Da questo momento la funzione commerciale venne meno, distaccandosi progressivamente dalla città egemone di Atri per inserirsi nel tessuto difensivo e commerciale del nuovo Regno di Napoli. Le fonti del 1400 ci informano dei continui insabbiamenti dei fondali, della difficoltà nonché dispendio economico nel mantenerlo pulito da parte del Comune. Il porto divenne da questo momento un piccolo approdo per la pesca e minuti commerci lasciando il posto ai nuovi grandi empori marittimi.
I primi resti visibili dell’antico porto emergono dalla lingua di sabbia antistante la celebre Torre del Cerrano, blocchi squadrati di sicura origine antropica che proseguono sotto il pelo dell’acqua per oltre 500 metri dalla linea di costa. Le ricerche subacquee iniziate nell’estate del 1982 dal professor Piergiorgio Data in collaborazione con altri enti importanti, hanno documentato la presenza di grandi pietre a spigolo vivo, lastroni di pietra d’Istria ad “L” rovesciata (2x4x4 metri), le stesse utilizzate per la costruzione della Cattedrale di Atri, grandi costruzioni murarie in mattoni, canaletta in calcare (simile alle tre presenti nella cripta della Cisterna-Basilica di Atri), scalini, bitte ed ormeggi, disposti secondo una certa impostazione urbanistica, alla profondità di 4,7 e 11 metri. L’impianto portuale sfruttava la foce fluviale con l’ausilio di due banchine d’approdo, purtroppo il fondale sabbioso impedisce il recupero di reperti datanti rendendo difficoltose anche le immersioni subacquee ai fini delle indagini e studi in corso.
I porti, tanto dai Greci che dai Romani, si costruivano generalmente alle foci dei fiumi. Tali costruzioni consistevano in moli sopra archi per combattere il naturale accumulo delle sabbie. I moli si restringevano a semicerchio nell’entrata del porto mediante scogliere e dall’una all’altra scogliera si gettava la catena per impedire alla flotta nemica l’ingresso nel porto. Su uno dei moli sorgeva il faro. Dalla parte di terra vi era una porta fortificata, fiancheggiata da torri, la darsena, i magazzini, case di custodi, ed infine il castellano, che costituiva l’embrione del borgo o del pago marittimo.